San Siro ed il calendario spingono ancora i nerazzurri, in piedi con due gol in tre minuti. Apoteosi per il diavolo, che spariglia il mazzo Champions. Intanto arriva il big match meneghino

- di Enzo Cartaregia - 

L’apparenza inganna, ogni week-end un poco in più. Ma tutte le strade dirette al derby della Madonnina passano attraverso una vittoria. Hanno fin troppo in comune, Inter e Milan, in gare e momenti apparentemente opposti. Perché può anche accadere che si fatichi, per galleggiare con soltanto due sussulti sufficienti a battere un volenteroso Benevento. Oppure che tutto sia semplice nel momento clou, quando si fa breccia nel cuore di un sogno abbattendo la Roma. Ma tutte le strade portano al derby. E messe a tacere le rispettive rivali, si avvicina proprio il momento dell’orgoglio, per le due metà della Milano del calcio. Non può che essere il caso di giocarlo ad armi pari.

CECCHINI ALL'ASSALTO. MILAN DA RIVOLUZIONE – Conta solo la legge della volontà. Il Milan supera l’ennesimo banco di prova e prosegue la scalata alla propria redenzione. La classifica, alle soglie dell’Europa, fatica adesso anche a piegarsi, chiusa al rumore dei sorpassi. Il peso specifico di quel sesto posto capovolge però la clessidra dei turni mancanti trascinando giù, soprattutto nel morale, l’ennesimo competitor. Il -6 strappato alla Roma, firmato da Cutrone e Calabria nella ripresa, è quindi più che una crepa negli equilibri dell’alta classifica. Ed il blitz dell’Olimpico squarcia il velo su una lotta alla Champions blindata a tre ed ora aperta ad altri, possibili scenari.

Non si danno dunque alternative, Bonucci e soci. Calcolatrice alla mano, superare la Roma era l’ultima chance per far saltare gli schemi nel gruppo dietro Napoli e Juventus. Di loro ci hanno messo qualcosa i romanisti, che si consegnano con due pasticci e “senza personalità”, come da mea culpa dello stesso Di Francesco. Ma in formazione reinventata, con Schick centravanti e Dzeko a riposo, i giallorossi tengono il campo per un tempo soltanto. Svanisce l’effetto Under, se i padroni di casa tirano per ben diciotto volte senza far sudare Donnarumma, imbattuto da cinque gare. La Roma tiene allora alta la tensione soltanto in uno scialbo primo tempo. Il Milan aspetta e mette in scena i suoi baby gioielli. Dopo tre minuti Patrick Cutrone anticipa allora Manolas, piegando Allisson e le speranze dei giallorossi.

Il primo sobbalzo di scaltrezza basta al Milan per contenere l’orgoglio dei romanisti, che provano a scuotersi col 4-2-4. Quando sembra ripristinarsi l’equilibrio, ecco però l'immancabile zampata. Il neo entrato Kalinic lancia Davide Calabria, che scivola in una difesa del tutto disunita e condanna gli avversari. Dal gol dell'attaccante classe ’98, a quello del difensore del ’96, il Milan che suda sul campo prende il posto di quello dei contratti milionari, probabilmente mai nato. E mercoledì c’è la semifinale di Tim Cup con la Lazio, mentre il mirino si alza sull’Inter. Poco cambia: “don’t stop me now”, penserà Ringhio, tra scaramanzia e concentrazione. Conta l’occasione per avvicinarsi di tre punti al sogno Champions, più che ai cugini. L’unica traccia da seguire porta infatti oltre Milano. L’effetto derby distrae soltanto.

INIZIO DELLA SALITA. EQUILIBRIO INTER –  Una questione di ossigeno. Più che un premio, come definita da Spalletti l’ultima volta a San Siro, la vittoria serviva stavolta per respirare. E non a caso l’Inter ha avuto bisogno di allargare il petto, per sfruttare le coincidenze e guadagnare tempo. E’ servito scongelare i due centrali per agguantare il 2-0, in attesa di un duraturo ritorno al gol. Prima che alla normalità. La consolazione di un quarto posto, a -1 da Lazio e podio, non stanca comunque di offrirsi come stimolo a riprendere in mano le forze. Ma manca la serenità, prima di tutto, mentre il corpo a corpo col Benevento si risolve come soltanto poteva. Senza soluzioni, ma con un pizzico di istinto.

Persino in formazione, Spalletti ha poco da inventare. Stringono i denti Perisic e Rafinha, seppur acciaccati. Resta al riparo il rientrante Icardi. L’effetto attrito è così scontato, almeno fino all’intervallo. L’Inter aspetta un errore dei campani, che invece non sbagliano nulla. Il 4-3-3 di De Zerbi, che sorprende con Coda in mezzo all’attacco, è fluido e gioca alla pari dal centrocampo in su. Le statistiche parleranno di un possesso palla alla pari, oltre che di dieci tiri ospiti. Agli stregoni manca insomma solo l’imbucata, se Guilerme gira a vuoto. I nerazzurri annaspano, la Nord li fischia. Nella ripresa l’Inter osa però di più e l’ingresso di Karamoah serve a schiacciare i giallorossi.

Al corner successivo Skriniar la sblocca. Solita incornata sporca ed il vantaggio scaccia già i fantasmi. Il Benevento subisce la botta, i nerazzurri ripetono quindi l’arrembaggio. E’ 2-0, tre minuti più tardi, con Ranocchia che trova l’angolino basso su punizione di Cancelo e si lascia perdonare per la disfatta ligure. C'è anche spazio per Brozovic, che entra a ricucire col pubblico. Ed al termine i giallorossi restano a quota 10, che suona come una condanna dopo la vittoria di Spal e Verona. Spalletti loda fatica e cuore dei suoi. Sciogliendo i nervi, a panchina salvata, lancia Icardi verso il derby. La tripletta dell’andata è lontana anni luce, quanto quell’Inter che si candidava allo scudetto. Ma il derby è imprevedibile. Per definizione.

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