Il pari subito in rimonta al Bentegodi contro l'Hellas è l'ennesima dimostrazione che i granata non hanno ancora la maturità nel saper gestire i risultati favorevoli Non fatale, ma di certo indigesta. Il Torino che si scioglie nel secondo tempo contro l'Hellas Verona, seppur in vantaggio di 3 reti, è una squadra che ha paura di se stessa. Di non farcela. Di non essere sicura di arrivare alla fine. Peccato che, però, nella prima frazione la formazione di Mazzarri avesse impressionato per continuità, cattiveria e giocate di alto livello. Promossi il modulo con i due trequarti Verdi e Berenguer, bravi a galleggiare fra la linea dei difensori e quella dei centrocampisti degli scaligeri. Ansaldi si è confermato, se ancora ve ne fosse stato bisogno, l'unico insostituibile dell'undici granata che sì, può fare anche a meno del suo capitano Belotti ma non dell'esterno argentino. La doppietta, le scorribande sull'esterno e la presenza tattica a tutto campo: primo sia ad attaccare che a difendere. Lo stesso, di certo, non si può dire per il collega Aina e per tutta la retroguardia: ingenuo Bremer nell'occasione del rigore (l'arbitro si è convinto del penalty quando ha visto il gomito del brasiliano cercare la palla, nonostante le mani fossero dietro la schiena), immobile tutto il terzetto sulla respinta del palo e il tap-in di Verre, scellerato lo stesso Aina nel tenere ampiamente in gioco Stepinski sul definitivo 3-3. La sagra dell'errore, se non fosse che per circa un'ora il reparto arretrato aveva ben contenuto il dinamismo delle mezze ali e dei trequartisti di gamba del Verona. I limiti del Torino, oltre che di natura tecnica e di risorse in panchina (sarebbe servito come il pane un metronomo che, nella ripresa, avesse fatto girare il pallone spegnendo il furore avversario post 1-3) sono soprattutto mentali: singolare la facilità con cui i calciatori dell'Hellas hanno infilato i granata negli spazi nonostante il triplice svantaggio; sorprendente come Izzo e compagni non si siano resi conto della situazione; clamorosa la mancanza di carattere nel non cercare di vincere dopo che i gialloblù guidati da Juric avevano messo la situazione in parità. Se nemmeno il rientro di Belotti dopo oltre 20 giorni è riuscito a dare la scossa ai compagni, la situazione è quantomeno preoccupante. L'impressione è che le vittorie contro Brescia, Genoa e Fiorentina, tre squadre che hanno affrontato il Torino nel bel mezzo di un periodo complicato (ognuno il suo), potevano ingannare e hanno ingannato. I 3 punti sfumati, guardando la classifica, paiono molti di più se si butta un occhio ai risultati delle squadre vicine (sconfitte per Napoli e Atalanta, vittoria del Parma e domani il match fra Lazio e Cagliari). I 21 punti in classifica, invece, sembrano perfino eccessivi a giudicare da tutte quelle volte in cui il Toro ha dilapidato il vantaggio di gol e uomini in queste prime 16 giornate. La partita contro la Spal di sabato prossimo, più che un'occasione per riprendere la corsa all'Europa, sarà un'opportunità per frugare i dubbi legittimi e capire se questo Toro c'è, o ci fa.
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