Nazionale Italiana (Ph. Social)

Per i processi al gruppo e le analisi delle possibili avversarie agli spareggi di marzo ci sarà tempo, ma una cosa è certa: l'azzurro vivido che ha ammantato la Nazionale tra giugno e luglio è già sbiadito. Il titolo di Campione d'Europa è agli atti, e nessuno potrà toglierlo all'Italia, ma la fatica e la fastidiosa improduttività della squadra di Mancini da settembre ad oggi è preoccupante. Gol pochi, prestazioni sterili, singoli inghiottiti dal vortice della paura. Guardare per credere agli Insigne, i Jorginho e gli Emerson ieri in campo a Belfast contro l'Irlanda del Nord. Uno spettacolo indecente se porti sul petto lo stemma dell'Europeo vinto poco più di quattro mesi fa, quando questa Nazionale aveva dimostrato di poter aprire un ciclo vincente, ridottosi a lotta per la sopravvivenza se si pensa ai play-off di marzo. 
Il gruppo, su cui il ct ha fondato la vittoria a Euro 2020, l'elemento tutte le altre nazionali ci hanno invidiato, ieri ha tradito il suo allenatore e milioni di tifosi. A Belfast, guardando alle prestazioni di chi è sceso in campo dall'inizio e chi è subentrato, più che una vittoria ricca di gol si è puntato a speculare sullo 0-0, sperando che la Svizzera fosse la stessa degli Europei. Invero dagli elvetici, e dalla Serbia che ha sovvertito le gerarchie nel girone con il Portogallo, gli azzurri hanno ricevuto la lezione più dura da apprendere: nelle partite decisive ci vuole carattere e voglia di vincere. In preparazione alle partite di marzo, e in attesa di conoscere gli avversari, Chiellini e compagni diano un'occhiata alle ultime prestazioni di queste due nazionali: meno forti nei singoli e ceramente meno prestigiose nel palmares, ma caratterialmente più forti di un'Italia che troppo spesso ha avuto paura di essere se stessa.
Due considerazioni su Mancini sembrano d'obbligo. La prima: Il tecnico, ieri per forza spavaldo in ottica qualificazione dopo il triplice fischio, in caso di débacle negli spareggi rischierebbe di scrivere la storia nel libro sbagliato, con tutte le conseguenze del caso in ottica futura sulla panchina azzurra. La seconda: nella partita più importante, da vincere con più di un gol di scarto, il Mancio ha perso la bussola e non è riuscito a guidare una squadra che pareva avere sulla punta delle dita. Non è certo la fine del mondo, ma la domanda che tanti si pongono è come riuscirà il ct a gestire - negli uomini prima e nelle soluzioni tattiche poi - l'avvicinamento agli spareggi. Senza una punta degna di essere chiamata tale, in azzurro. Lucca del Pisa, di cui tanto si è parlato (abusandone) in questi mesi, gioca in serie B e ha segnato appena 2 reti con l'Under 21: è nato nel 2000 come Haaland della Norvegia e Okafor della Svizzera, eppure non ha ancora tastato i palcoscenici della serie A, figurarsi quelli internazionali. Senza parlare di giovani del calibro di Bellingham, Gavi e Camavinga che non abbiamo.
La verità, da dirsi in faccia senza mezzi termini, è una su tutte: l'Italia non ha un centravanti degno di essere chiamato tale da quando Balotelli è uscito da giro azzurro. I vari Immobile, Belotti e Kean hanno deluso più che entusiasmare e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, anche se quello dell'attaccante non sembra essere l'unico problema. A Mancini, e a chi lo collaborerà, calciatori compresi, il compito di cercare di risolverli al più presto, iniziando a mentalizzarsi in vista di marzo. 
Da ieri, piaccia o no, nella lotteria degli spareggi c'è anche l'Italia. E chi ha memoria del passato ha già iniziato a fare gli scongiuri.  

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