Il Torino ha perso la seconda partita consecutiva dopo cinque risultati utili. Mazzarri ha confermato il 4-3-3 che non ha dato i frutti sperati, soprattutto per bravura del collega Pecchia che ha puntato su una squadra molto fisica e tatticamente preparata

-di Alberto Gervasi-

Come volevasi dimostrare. Il Torino, che fra le pretendenti europee aveva l’impegno più agevole, ha gettato al vento una buona possibilità per tenere il passo di chi sta davanti e aumentare la distanza dall’Udinese. Verona si riscopre “fatale” anche per gli uomini di Mazzarri, sconfitti dalla penultima del campionato che in casa aveva raccolto solamente 7 punti. L’Hellas è stato quello scintillante che si è visto contro il Milan: la prestazione degli scaligeri ha ricalcato per lunghi tratti quella espressa in campo a dicembre con i rossoneri, e il risultato è stato figlio di una miglior tenuta atletica e di una finalizzazione praticamente perfetta. La rinuncia, da parte di Mazzarri, a una testa pensante a centrocampo (Baselli e Valdifiori solo in panchina), ha avuto esiti negativi, e la mediana muscolosa non ha dato ragione al tecnico: Obi si è limitato in modo scolastico alle due fasi, mentre Acquah e Rincon hanno vagato nel deserto subendo l’esuberanza dei colleghi in maglia veronese. L’allenatore è anche stato, a sorpresa, tradito da Ansaldi, uomo in più nelle buone prime cinque gare del nuovo ciclo, e paradossalmente pesce fuor d’acqua quando si è trattato di presidiare la fascia difensiva sinistra (che poi è il ruolo naturale dell’argentino). Del diktat della vigilia (testa, gambe e organizzazione) ha sortito effetto poco e niente.La linea difensiva, punto di forza del Torino in precedenza, si è riscoperta distratta su entrambi i gol, lenta a salire sul fuorigioco e larga nelle marcature in occasione del raddoppio veronese. La coppia centrale N’Koulou-Burdisso è stata spesso in balìa del fisico di Petkovic e dello sprint dello sgusciante Kean. L’argentino ex Genoa e Roma ha potuto disinnescare il giovane attaccante italiano solo quando ha accorciato in marcatura, cercando (e qualche volta trovando) l’anticipo. In attacco scena muta, tranne che per il sussulto di Niang in occasione del gol del pari. In più, Iago spaesato e lontano parente di quello ammirato nelle recenti esibizioni, Belotti senza rifornimenti e Ljajic, alla prima apparizione da quando il tecnico toscano siede in panchina, che ha potuto poco nonostante le buone intenzioni. Fabio Pecchia ha schierato una squadra fisica e veloce: il 4-4-2 iniziale, con Verde preferito a Matos e Romulo dall’altra parte, prevedeva sovrapposizioni puntuali dei terzini che hanno spesso messo in difficoltà la retroguardia granata. Valoti ha giocato a tutto campo e si è guadagnato il rispetto degli avversari in mediana a suon di gol, mentre il lavoro sporco è toccato a Calvano, falloso ma con intelligenza tattica. Dopo il gol di Niang, nel giro di cinque minuti, due varianti tattiche per l’allenatore scaligero che ha inserito Matos per Romulo aumentando la spinta offensiva, salvo poi passare al 3-5-2 (o 5-3-2) nel momento della ripresa in cui il Torino ha spinto sull’onda del pari raggiunto. La difesa a 3 è stata attenta a respingere gli attacchi disperati dei granata, passati al 4-2-3-1 con l’ingresso di Ljiajc e Berenguer. Il serbo ha cercato di ricamare sulla trequarti, ma nel frattempo l’Hellas Verona aveva schierato due linee serrate con otto uomini a presidiare la metà campo. La sconfitta ridimensiona, e non poco, l’entusiasmo di inizio 2018 e gli obiettivi del finale di stagione. I numeri dicono che, dopo i primi 11 punti, il Torino ne ha raccolti 0 nelle ultime due gare, segnando solo un gol e subendone 3. Al di la dell'aritmetica, ciò che colpisce in negativo è l’atteggiamento. Forse la squadra ha fatto risultati importati sulla scia del cambio di guida tecnica e l’inevitabile scossa mentale, oppure gli avversari sono stati troppo poco per dare fastidio. Domenica, all’Olimpico, arriverà il Crotone, sconfitto in casa nello spareggio-salvezza contro la Spal e affamato come uno “squalo” di punti. E nel frattempo chi sta davanti non smette di correre.
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