Un momento dellultimo derby (ph. oasport.it)
 

- di Luca Corsolini -

Alla vigilia di quello che il calendario dice essere il secondo derby stagionale, pur leggendo delle palle perse, diciamo pure regalate con generosità da Babbo Natale ( cit.Djordjevic ) dalla Virtus, e dei miglioramenti della Fortitudo, che pure non bastano a pareggiare una certa leggerezza della panchina ( cit.generale ), Basket City scopre con sgomento che il suo problema, vero, è Basket City.

Alla vigilia di quella Final Four di Supercoppa costruita per essere, nella Segafredo Arena, ovvero in Fiera. la prima sfida stagionale tra Virtus e Armani, programmata per essere trasmessa in chiaro, come vetrina del campionato che verrà, e giustificare i piani televisivi della Lega Basket di recuperare spazi e risorse per uscire da un lungo inverno comunicativo , tale anche per colpe dirette del movimento, si intende, che ad esempio nemmeno si è accordo di tutti i post a tema basket che Fedez, un tipo da milioni di follower, sta pubblicando in questi giorni, si pensa con un qualche terrore a una partita che dovrebbe rappresentare il meglio in assoluto e che avrà in tribuna pochi intimi, se ci andranno: e quello sarà lo spettacolo che tutti vedranno, il vuoto

Perchè il problema di Basket City è Basket City ? Ancora nel pieno delle incertezze determinate dal coronavirus, in ogni aspetto della vita sociale, Virtus e Fortitudo scattarono con orgoglio, obbligate appunto dal loro essere,insieme, Basket City, la vetrina più splendente. Il ragionamento comune, non certificato allora, e tuttora non certificabile, con una incertezza che si è arricchita dell'ultimo pesante parere di Conte negativo circa una riapertura degli stadi, e dunque dei palasport, era questo: si tornerà a giocare con regole nuove, il distanziamento fisico riduce, diciamo pure dimezza la capienza del Paladozza, cosa ce ne facciamo allora di un palazzo in centro se dobbiamo lasciar fuori di migliaia di persone ? Dunque una si trasferì in Fiera, anzi decise il ritorno nella Segafredo Arena, laboratorio di un palasport che verrà.

L'altra traslocò all'Unipol Arena, il palasport che c'è, accompagnata da un referendum passato col gradimento di tutti i tifosi: se è per un anno, sia benedetta Casalecchio. Adesso, i primi appuntamenti. Va bene, si chiama in modo un po'esagerato Supercoppa, con un'etichetta che sembra debba nascondere l'assenza di un programma certo della Lega, ma è pur sempre precampionato, non partite da strapparsi i capelli. Poi, le norme decise dal Cts: capienza ridotta, persino in bagno si può andare solo se accompagnati per gli steward, bar chiusi e nemmeno la licenza di fumare una sigaretta. Risultato: 1200 persone a Casalecchio, oltre tutto con diversi biglietti regalati, per il primo derby quando avrebbero potuto essere 2 mila; più o meno lo stesso numero, basso,di presenti al Paladozza.

La lista dei dubbi, non ancora delle paure, si allunga. 1 Gli ultras non ne vogliono sapere del distanziamento fisico, e vista la situazione sembra quasi inevitabile pensare che loro non abitino a Basket City ma a Curva City, dove quello che conta è la modalità collettiva di partecipazione alla partita piuttosto che il basket che dovrebbe essere il minimo comun denominatore. 2 Virtus e Fortitudo vivevano, in misura diversa, della sponsorizzazione garantita dai loro tifosi. Post isolamento, quella sponsorizzazione non è più garantita. Il mondo che abbiamo ritrovato sembra la canzone di Lucio Dalla: si esce poco la sera, compreso quando è festa. E'un sentimento di tutti, che pero'le regine di Basket City non hanno messo in conto, impegnandosi anzi per obiettivi europei che adesso sono oggettivamente lontani perchè si capisce che le coppe sono un rebus più difficile da risolvere di un campionato giocato in una mezza bolla. Altre squadre, sia detto per inciso, hanno messo a budget ricavi dal botteghino inferiori di oltre il 50% da quelli registrati nella passata stagione. Virtus e Fortitudo no: per anni hanno gonfiato il petto grazie ai risultati di campagne abbonamenti che adesso non sono nemmeno partite 3 Una delle cose che ci ha insegnato l'isolamento è, paradossalmente, quanto si sta bene a casa. Gente che prima andava al Palazzo perchè la partita dal vivo è un'altra cosa, adesso se ne sta in salotto a vedere le dirette su quelle piattaforme che da ostiche ci sono diventate amiche. Solo il basket ha provato per tutta l'estate a mollare Eurosport dovendo poi tornare sui suoi passi quando la Rai nemmeno ha presentato una offerta decente.

Insomma, troppo ben abituata a essere Basket City, la stessa non si è accorta di essere stata messa a dieta dalla situazione. In campo vanno sempre i giocatori, ed entrambe sono fior di squadre, sia pur su livelli diversi, ma se manca l'ambiente non è proprio la stessa cosa, soprattutto nessuno aveva previsto quello che sta succedendo e che forse, perchè viviamo nell'era delle incertezze, non dei proclami, continuerà a succedere. Scritto il 6 settembre, a 21 giorni dall'inizio del campionato, già preoccupato di guardare più spesso i vuoti in tribuna che il tabellone col punteggio.

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